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  • Dott. Lorenzo Esposito
  • 3 feb 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

La definizione dei ruoli in carico a Equitalia consentita dal decreto legge n. 193/2016, come già ricordato, ha un impatto importante sui ricorsi fiscali in essere, o meglio sulle cosiddette liti pendenti.

Al comma 2 dell’art. 6 del decreto citato, è previsto che, nella domanda presentata, il debitore (di Equitalia) si impegni a rinunciare ai giudizi pendenti. Al di là delle valutazioni specifiche sulla convenienza della rottamazione, è opportuno analizzare gli aspetti generali, anche in considerazione del fatto che la legge sulla rottamazione ha lasciato numerose lacune e dubbi irrisolti sui quali si auspica un intervento legislativo, piuttosto delle solite circolari dell’Agenzia delle Entrate che tendono a sostituirsi alle fonti primarie del diritto tributario.

La rinuncia ai giudizi pendenti è prevista dall’art 44 del Dlgs n. 546/92 (che disciplina il contenzioso tributario) e prevede il deposito in Commissione Tributaria, di un atto di rinuncia al ricorso (o appello), da parte del ricorrente (o appellante), e comporta l’obbligo di rimborsare le spese del giudizio che verranno liquidate dal Presidente della sezione con decreto o dalla Commissione stessa con sentenza, salvo diverso accordo fra le parti. La rinuncia al ricorso deve essere accettata da tutte le parti costituite in giudizio e comporta l’estinzione del processo.

Altra cosa è la cessazione della materia del contendere, prevista all’art. 46 del Dlgs 546/92, che viene dichiarata con decreto del presidente della sezione o con sentenza della commissione, che estingue in tutto o in parte il processo. Essa interviene noi casi di definizione delle pendenze tributarie previste dalla legge (come ad esempio condoni e definizione delle liti pendenti) ed in ogni altro caso di sopravvenuta perdita di interesse alla controversia, unanimemente accettata da tutte le parti nel processo. Con la cessazione della materia del contendere le spese processuali restano a carico di chi le ha sostenute.

Ne caso in esame, la rottamazione di ruoli impugnati in Commissione Tributaria (o Tribunale per i contributi previdenziali o altre somme che non siano tributi erariali), il decreto legge 193/2016 non chiarisce se si rientri nella prima ipotesi o nella seconda e di conseguenza nulla viene disposto in merito a chi pagherà le spese del giudizio in corso. Per evitare brutte sorprese è consigliabile accordarsi con la controparte, Agenzia delle Entrate, Equitalia, INPS ecc. per la compensazione delle spese. Tale dilemma è stato risolto dall’Agenzia dell’Entrate in recenti chiarimenti forniti, in cui ha affermato che l’impegno a rinunciare al ricorso non corrisponde esattamente alla rinuncia allo stesso ex art. 44 Dlgs 546/92. Piuttosto, la definizione perfezionatasi con l’integrale pagamento di quanto dovuto, farebbe cessare la materia del contendere, prevista dall’art. 46 sopra richiamato. In futuro si vedrà se i giudici tributari si regoleranno in questi termini, stante la carenza legislativa in merito.Le novità non finiscono qui. Continua a seguire questo blog per i successivi aggiornamenti.

  • Lorenzo Esposito
  • 12 gen 2017
  • Tempo di lettura: 3 min

Quando ormai gran parte delle questioni operative legate alla definizione agevolata dei carichi pendenti con Equitalia risulta ormai chiarita, restano però delle incertezze strategiche che potrebbero influire sulle decisioni dei contribuenti.

La nuova e forse definitiva scadenza per presentare la domanda a Equitalia è il 31 marzo 2017, considerando anche che lo stesso ente in via di estinzione (o di accorpamento con l’Agenzia delle Entrate) fornirà ai contribuenti un elenco dei ruoli e delle cartelle che possono fruire della sanatoria, comunicandoglielo entro il 28 febbraio, in modo tale da consentire di valutare accuratamente se aderire o meno. Questa è una facilitazione di non poco conto, in quanto, mentre per i ruoli più “anziani” (dal 2000 in avanti) non sussistono dubbi circa la possibilità di definirli in maniera agevolata, lo stesso non può dirsi per quelli più recenti e cioè notificati alla fine del 2016 ed anche successivamente. La legge infatti parla di ruoli affidati all’agente della riscossione entro il 31.12.2016, la cui notifica effettiva al contribuente può essere anche successiva, a gennaio (o addirittura febbraio) 2017. Con l’elenco dei carichi definibili il contribuente potrà capire quali è possibile includere nella domanda e quali no. Anche fra i condonabili è possibile fare una scelta ed indicarne solo alcuni. La difficoltà può proprio consistere in questa scelta.

Solo un buon consulente potrà illustrarvi gli elementi giusti per evitare di perdere questa buona occasione di ripulire la vostra situazione con lo Stato.

Giusto per darvi due o tre spunti di riflessione.

A chi è destinata realmente la sanatoria? Diciamocelo chiaramente, se siete fra quelle decine di migliaia di contribuenti che hanno accumulato debiti notevoli con il fisco e l’INPS, non hanno i soldi per pagare e non hanno neppure beni da potere realizzare per pagare, LASCIATE PERDERE. La definizione non è destinata a voi.

Stesso dicasi per coloro che hanno dei debiti già rateizzati che riescono a pagare, mese per mese, strappandosi letteralmente il pane di bocca ed hanno la speranza di giungere al termine dei versamenti in tempi ragionevoli. Per loro non è pensabile di pagare tutto il residuo in massimo 5 rate nel 2017 e 2018, con l’unica aspettativa di risparmiare le sanzioni sul debito. Potrebbe finire male senza che si riesca a pagare le nuove rate, rendendo inutile l’agevolazione.

Quindi qual'è è il target del mini condono? Sono quei soggetti che hanno avuto dei problemi finanziari in passato, ma ora sono di nuovo liquidi ed hanno quindi la possibilità di pagare. Sono anche i cosiddetti “furbetti” che sono andati in bancarotta, ma hanno mantenuto un gruzzolo al sicuro per ogni evenienza, e che ora preferiscono tornare alla normalità sfruttando gli sconti di fine anno. Oppure quelli che hanno ricevuto un’eredità, una vincita al Superenalotto o hanno trovato un finanziatore che li vuole aiutare a “ripulirsi”. Infine ci sono quelli che non convinti delle pretese erariali hanno presentato ricorso presso le sedi competenti e sono in attesa di giudizio. Quindi a ben vedere, non sono poi così numerosi…

Quale può essere il rischio di chi ora può pagare e chiede l’adesione per tutti i propri debiti iscritti a ruolo, rinunciando quindi alle liti? Ad esempio, quello di pagare anche delle somme che potrebbe evitare. Le somme dovute in base ad accertamenti o cartelle di pagamento in contenzioso con gli enti impositori potrebbero essere annullate dal giudice. Le somme richieste con cartelle o avvisi recenti potrebbero riguardare annualità prescritte o potrebbe essere intervenuta la decadenza dall’attività d’accertamento. Si tratta di casi più frequenti di quanto possa sembrare. Oppure in tutti i casi in cui la pretesa tributaria non sia giustificata adeguatamente, ci siano errori materiali o di calcolo nelle somme richieste. In tali situazioni, invece di offrire spontaneamente il pagamento, seppure al netto delle sanzioni, sarebbe meglio proporre ricorso e sperare di non pagare affatto.


In seguito a tutti gli adempimenti anti evasione a carico di imprese e professionisti imposti a partire dal prossimo anno la vita si farà alquanto dura per tutti. Mi riferisco al cosiddetto spesometro trimestrale, cioè un elenco di tutte le fatture emesse e ricevute da parte di ogni soggetto e alle liquidazioni IVA sempre trimestrali, da inviare telematicamente all’Agenzia delle Entrate. Unitamente ai pesanti adempimenti sono state previste delle sanzioni pesanti per i trasgressori e per coloro che invieranno dati non esatti.

Contro questo inasprimento degli adempimenti e delle finte semplificazioni che periodicamente vengono imposte ai contribuenti, i Dottori Commercialisti hanno indetto una protesta per il 14 dicembre prossimo a Roma. Ma il problema per i contribuenti permane.

Dalla lettura delle norme però, pare che emerga uno spiraglio, anche se tutt’altro che semplice da sfruttare.

In pratica, per tutti coloro che si avvarranno dal 2017 della fatturazione elettronica, non sarà più obbligatorio l’invio dello spesometro. Ciò in quanto l’amministrazione avrà in ogni caso l’accesso a tutti i dati relativi alla fatturazione e pertanto quello sarà un adempimento inutile. In alternativa alla fatturazione elettronica i contribuenti potranno optare per la trasmissione telematica dei dati delle fatture emesse e ricevute, impegnandosi a trasmettere tutti i dati delle fatture (in formato xml), direttamente all’Agenzia delle Entrate.

Cosa c’è dietro tutto questo? In pratica la UE ha fatto passi importanti per diffondere la fatturazione elettronica in ambito comunitario, con lo scopo di conseguire un grosso risparmio in termini di costi per tutte le imprese dell’unione (si parla di 240 miliardi di euro all’anno, entro il 2020, se tutte le fatture saranno in formato elettronico).

Il legislatore italiano, oltre a recepire le raccomandazioni della UE, ha pensato bene di approfittare della ghiotta occasione per impadronirsi di una mole di dati immensa relativa a tutte le transazioni dei contribuenti. Per fare ciò non ha imposto (per ora) l’uso della fattura elettronica, ma ha previsto per tutti quelli che non se ne avvalgono, pesanti e costosi adempimenti al fine di convincerli a cambiare le proprie modalità operative. Già, perché emettere una fattura elettronica non è proprio un gioco da ragazzi, finora si sono cimentati solo i commercialisti per conto dei clienti. Ricordo che la 31.3.2015 è obbligatoria la fatturazione elettronica verso la pubblica amministrazione e gli enti pubblici. In pratica si deve creare un documento in formato xml, contenente una serie di dati e di codici, per poi trasmetterlo al sistema di interscambio SDI, che comunicherà i dati al cliente destinatario della fattura e a cui può accedere l’Agenzia delle Entrate. Lo scopo di avere tutti questi dati in tempo reale, pare che sia quello di favorire la tax compliance con il contribuente, cioè di segnalargli rapidamente l’esistenza di anomalie per suggerirgli di ravvedersi e pagare delle sanzioni ridotte.

Per dare più appeal a chi utilizzerà queste nuove modalità sono previsti anche degli altri bonus, fra cui il diritto al rimborso IVA prioritario, entro tre mesi dalla richiesta e la riduzione di un anno dei termini per gli accertamenti, solo se gli incassi e i pagamenti oltre i 30 € sono fatti con mezzi tracciabili.

Resta però il forte dubbio se la fatturazione elettronica (o la trasmissione di tutti i dati con lo spesometro) unitamente al tentativo di ridurre l’uso del contante favorendo la moneta elettronica, non ci riduca a soggiacere al cosiddetto “Grande Fratello” di Orwelliana memoria. Di certo i nuovi adempimenti saranno complicati e onerosi per i contribuenti e per i commercialisti.

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