- Dott. Lorenzo Esposito
- 30 apr 2021
- Tempo di lettura: 2 min
Nel Decreto Sostegni, cioè il DL 41 del 22.03.2021, è contenuta una disposizione all’art. 5 che prevede la possibilità di definire i cosiddetti avvisi bonari, risparmiando così le sanzioni e le somme aggiuntive normalmente richieste.
Gli avvisi bonari sono quegli atti che l’Agenzia delle Entrate emette per recuperare somme dovute a titolo di imposte sui redditi, IRPEF, IRAP, IRES in base a controlli ex art. 36-bis del DL 600/73 ed IVA, in base all’art. 54-bis del DPR 633/72, ma anche i contributi INPS determinati in dichiarazione dei redditi.
L’agevolazione prevede l’azzeramento delle sanzioni calcolate sugli avvisi bonari relativi ai periodi d’imposta 2017 che sono state elaborate dagli uffici entro il 31.12.2020 e quelle del 2018 che lo saranno entro il 31.12.2021. Si tenga presente che durante la pandemia Covid-19 gli uffici hanno continuato a lavorare ma non hanno notificato praticamente nulla in termini di avvisi bonari, in quanto ci sono stati vari provvedimenti che hanno prorogato i termini per effettuare le comunicazioni ai contribuenti. Pertanto, si prevede che dagli archivi dell’Agenzia delle Entrate usciranno parecchi avvisi ai contribuenti, che a certe condizioni potranno beneficiare di sconti in termini di sanzioni.
L’agevolazione riguarda i soggetti con partita IVA, cioè ditte individuali, professionisti, società di persone e di capitali. La condizione è che abbiano avuto un calo del fatturato nell’anno 2020, rispetto al 2019, pari almeno al 30%.
Negli avvisi che verranno recapitati quest’anno e nel 2022, sarà illustrata la possibilità di definire le somme dovute senza pagare le sanzioni, ma solo le imposte (o i contributi) e gli interessi legali. Così sarà possibile valutare il risparmio che spetterà per legge.
Si consideri che, normalmente, gli avvisi bonari prevedono già uno sconto sulle sanzioni ordinarie, qualora si provveda al pagamento entro 30 giorni dalla notifica dell’atto. Se ad esempio, per un mancato versamento, la sanzione ordinaria è del 30%, con l’avviso bonario, la misura scende già al 10% (cioè 1/3 di quella ordinaria).
Con il ravvedimento operoso, eseguito prima che l’Agenzia scopra l’irregolarità, si può risparmiare anche di più, in questo caso 1/6 della sanzione ordinaria, visto che si tratta del 2017 e 2018, quindi il 5%.
Facciamo un esempio. Se un contribuente con partita IVA ha omesso di versare ad esempio 20.000 € nel 2017, la sanzione ordinaria del 30% è di 6.000 €. Se facesse il ravvedimento operoso, potrebbe ridurre la sanzione al 5%, cioè a 1.000€. Con la definizione agevolata, invece, non pagherebbe nulla in termini di sanzioni, ma solo le imposte e gli interessi. Il risparmio in pratica oscilla dai 1.000€ ai 6.000 €.
Come per tutti gli avvisi bonari, anche con la definizione è prevista la possibilità di pagare in maniera frazionata fino a 8 rate trimestrali, se di importo fino a 5000 € o fino a 20 rate, se di importo superiore, con l’aggiunta degli interessi legali (attualmente pari allo 0,01%)
Se vi trovate nelle condizioni illustrate e potreste aver diritto al beneficio, non fate nessun ravvedimento operoso e attendete l’avviso bonario che vi annullerà le sanzioni.
- Dott. Lorenzo Esposito
- 6 feb 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Dal 2020 i cosiddetti forfettari, cioè i contribuenti che realizzano un volume d’affari annuo fino a 65.000 € e optano per tale regime e godono di diverse agevolazioni di carattere fiscale, avranno degli impedimenti in più rispetto al passato.
Le preclusioni riguardano il costo del personale e per il lavoro accessorio che ora avrà un tetto di 20.000 € annui e gli altri redditi di lavoro dipendente, pensione e assimilati che non potranno più superare i 30.000 € annui. In pratica, se nel 2019, i contribuenti in regime forfettario hanno superato uno dei limiti indicati, dal 2020 dovranno transitare al regime ordinario.
I vantaggi del regime forfettario, lo ricordiamo, consistono dell’esclusione dall’IVA sulle fatture emesse ed eventualmente dalla ritenuta d’acconto sui compensi professionali. Inoltre, il calcolo delle imposte sul reddito prevede il pagamento di un’imposta sostitutiva del 15%, in luogo delle aliquote IRPEF ordinarie, che partono dal 23 % in su, fino a 43%. Oltre a queste facilitazioni, l’imponibile su cui applicare l’aliquota forfettaria è dato dal una percentuale predefinita che tiene conto di costi virtuali riconosciuti in base ai ricavi conseguiti in base al settore di attività. Non essendoci l’obbligo di tenuta di una vera e propria contabilità la deduzione forfettaria dei costi semplifica la vita e risulta particolarmente conveniente a quelli che di costi ne hanno pochi, che otterranno così una riduzione dell’imponibile superiore al normale. La convenienza si riduce all’aumentare dei costi reali dell’attività, in quanto quelli eccedenti il forfait non si deducono.
L’altro motivo per cui conviene optare per il forfettario è proprio la presenza di altri redditi di lavoro dipendente o di pensione. Ciò in quanto il reddito di lavoro autonomo non si cumula con gli altri redditi, fissando l’aliquota al 15%, impedendo la progressività dell’imposizione e cioè il passaggio a uno scaglione IRPEF maggiore e più oneroso. E’ in questo contesto che la nuova modifica penalizza i titolari di redditi superiori a € 30.000. Fra essi anche parecchi pensionati che decidono di continuare a svolgere qualche attività per vari motivi.
L’altra agevolazione di non poco conto è che i forfettari non sono tenuti all’emissione della fattura elettronica, ma possono emettere semplici documenti cartacei.
Anche questo privilegio è in via di estinzione, in quanto l’Agenzia delle Entrate preferisce di gran lunga i contribuenti che emettono fatture elettroniche, risultando più facile il controllo.
Dal 2020, i forfettari che emetteranno comunque fatture elettroniche, godranno di un accorciamento dei termini per subire accertamenti fiscali. La decadenza del potere di accertamento da parte degli uffici finanziari solitamente avviene dopo 5 anni dalla data di presentazione della dichiarazione fiscale relativa. Optando per la fatturazione elettronica, gli anni a disposizione dell’Agenzia delle Entrate diventeranno quattro.