- Dott. Lorenzo Esposito
- 7 dic 2016
- Tempo di lettura: 3 min
In seguito a tutti gli adempimenti anti evasione a carico di imprese e professionisti imposti a partire dal prossimo anno la vita si farà alquanto dura per tutti. Mi riferisco al cosiddetto spesometro trimestrale, cioè un elenco di tutte le fatture emesse e ricevute da parte di ogni soggetto e alle liquidazioni IVA sempre trimestrali, da inviare telematicamente all’Agenzia delle Entrate. Unitamente ai pesanti adempimenti sono state previste delle sanzioni pesanti per i trasgressori e per coloro che invieranno dati non esatti.
Contro questo inasprimento degli adempimenti e delle finte semplificazioni che periodicamente vengono imposte ai contribuenti, i Dottori Commercialisti hanno indetto una protesta per il 14 dicembre prossimo a Roma. Ma il problema per i contribuenti permane.
Dalla lettura delle norme però, pare che emerga uno spiraglio, anche se tutt’altro che semplice da sfruttare.
In pratica, per tutti coloro che si avvarranno dal 2017 della fatturazione elettronica, non sarà più obbligatorio l’invio dello spesometro. Ciò in quanto l’amministrazione avrà in ogni caso l’accesso a tutti i dati relativi alla fatturazione e pertanto quello sarà un adempimento inutile. In alternativa alla fatturazione elettronica i contribuenti potranno optare per la trasmissione telematica dei dati delle fatture emesse e ricevute, impegnandosi a trasmettere tutti i dati delle fatture (in formato xml), direttamente all’Agenzia delle Entrate.
Cosa c’è dietro tutto questo? In pratica la UE ha fatto passi importanti per diffondere la fatturazione elettronica in ambito comunitario, con lo scopo di conseguire un grosso risparmio in termini di costi per tutte le imprese dell’unione (si parla di 240 miliardi di euro all’anno, entro il 2020, se tutte le fatture saranno in formato elettronico).
Il legislatore italiano, oltre a recepire le raccomandazioni della UE, ha pensato bene di approfittare della ghiotta occasione per impadronirsi di una mole di dati immensa relativa a tutte le transazioni dei contribuenti. Per fare ciò non ha imposto (per ora) l’uso della fattura elettronica, ma ha previsto per tutti quelli che non se ne avvalgono, pesanti e costosi adempimenti al fine di convincerli a cambiare le proprie modalità operative. Già, perché emettere una fattura elettronica non è proprio un gioco da ragazzi, finora si sono cimentati solo i commercialisti per conto dei clienti. Ricordo che la 31.3.2015 è obbligatoria la fatturazione elettronica verso la pubblica amministrazione e gli enti pubblici. In pratica si deve creare un documento in formato xml, contenente una serie di dati e di codici, per poi trasmetterlo al sistema di interscambio SDI, che comunicherà i dati al cliente destinatario della fattura e a cui può accedere l’Agenzia delle Entrate. Lo scopo di avere tutti questi dati in tempo reale, pare che sia quello di favorire la tax compliance con il contribuente, cioè di segnalargli rapidamente l’esistenza di anomalie per suggerirgli di ravvedersi e pagare delle sanzioni ridotte.
Per dare più appeal a chi utilizzerà queste nuove modalità sono previsti anche degli altri bonus, fra cui il diritto al rimborso IVA prioritario, entro tre mesi dalla richiesta e la riduzione di un anno dei termini per gli accertamenti, solo se gli incassi e i pagamenti oltre i 30 € sono fatti con mezzi tracciabili.
Resta però il forte dubbio se la fatturazione elettronica (o la trasmissione di tutti i dati con lo spesometro) unitamente al tentativo di ridurre l’uso del contante favorendo la moneta elettronica, non ci riduca a soggiacere al cosiddetto “Grande Fratello” di Orwelliana memoria. Di certo i nuovi adempimenti saranno complicati e onerosi per i contribuenti e per i commercialisti.
- Dott. Lorenzo Esposito
- 11 nov 2016
- Tempo di lettura: 3 min
L’origine di tutti i mali è l’evasione fiscale, in particolare dell’IVA. I dati in possesso del Ministero delle Finanze parlano di 8 miliardi di € evasi nel corso di un anno. Ciò porta evidentemente un danno pesantissimo alle casse delle Stato che deve sicuramente porvi rimedio.
Quali sono i provvedimenti adottati dal governo? Come sempre si spara nel mucchio, cioè si impongono adempimenti su adempimenti sulla massa dei contribuenti, che potenzialmente possono evadere le imposte. Nel caso di specie, si colpiscono tutti coloro che posseggono la partita IVA, imprese piccole e grandi, artigiani, commercianti e liberi professionisti. Un po’ come dire che se qualcuno non paga l’iva, deve per forza annidarsi fra quei soggetti che la indicano in fattura. Su questo non ci piove. Però, invece di circoscrivere la ricerca ai settori più infedeli, che l’Agenzia delle Entrate conosce bene, si preferisce penalizzare tutti senza distinzione. Mi riferisco alle nuove dichiarazioni trimestrali che più o meno tutti i soggetti con partita IVA dovranno presentare dal 2017. Lo “spesometro” cioè l’elenco di tutte le fatture emesse e ricevute da ciascun soggetto nel corso del trimestre, che attualmente ha una periodicità annuale.
La liquidazione IVA del trimestre o dei tre mesi precedenti, che va inviata sempre con periodicità trimestrale, indicando l’imposta da versare o a credito. Si tratta di 8 dichiarazioni annue al posto delle 2 che vengono presentate fino al 2016. Lo scopo è quello accorciare i tempi per i controlli e quindi per gli accertamenti volti a recuperare le imposte non versate.
Per chiarire, finora il fisco conosce l’imposta dovuta dai contribuenti solo l’anno successivo a quello di fatturazione, in parte con la comunicazione IVA che scade il 28 febbraio dell’anno successivo, e più compiutamente con la dichiarazione IVA contenuta nel modello Unico, da inviare normalmente entro il 30 settembre.
Dal 2017, dopo i primi tre mesi, i contribuenti dovranno spedire, entro il 31 maggio, la liquidazione IVA trimestrale o le tre mensili (gennaio, febbraio e marzo), oltre allo spesometro. Quindi l’Agenzia delle Entrate conoscerà gli importi non versati dal 31 maggio 2017 in poi, invece del 30 settembre 2018. Questo consentirà di anticipare i controlli di un anno e mezzo rispetto alla situazione attuale. Si aggiunga che i controlli, oltre che più tempestivi saranno anche più approfonditi, mettendo a confronto i dati delle liquidazioni con quelli delle fatture singolarmente indicate nello spesometro. Con l’utilizzo di appositi software i controlli potranno essere processati in tempo reale e i contribuenti non avranno scampo.
Le dolenti note consistono, oltre nella serie di adempimenti cui i contribuenti sono chiamati, nelle sanzioni molto pesanti che verranno irrogate ai trasgressori. Non solo a chi non invia alcuna comunicazione e dichiarazione, ma anche a quelli che si dimenticano qualche fattura o la indicano in modo errato.
Le sanzioni per ogni fattura omessa o indicata in modo inesatto nello spesometro variano da 2 a 1.000 € (l’una, senza cumulo giuridico) e da 500 a 2.000 € per le comunicazioni delle liquidazioni non inviate o inviate con dati errati. Gli importi sono ancora oggi pesanti, anche dopo che, in seguito alle proteste dei commercialisti, sono state ridotte notevolmente nelle misure indicate (in origine erano da 25€ a 25.000€ per ogni fattura e da 5.000 a 50.000€ per ogni liquidazione).
Qual è la conclusione di tutto questo? Che i contribuenti dovranno lavorare gratis per l’Agenzia delle Entrate (ma non i commercialisti per il surplus di lavoro richiesto), per semplificarle il compito di contrasto dell’evasione. Come ricompensa, in caso di errore, pagheranno sanzioni pesanti, tanto che da più parti si è parlato di “tassa occulta”. Geniale!