- Dott. Lorenzo Esposito
- 9 ott 2018
- Tempo di lettura: 3 min
A meno di tre mesi dal fatidico 1° gennaio 2019 in cui dovrebbe prendere avvio la fatturazione elettronica fra privati, la cosiddetta B2B, la nebbia tende a calare ma molte cose vanno ancora chiarite.
Partiamo pure dal presupposto che un po’ di modernizzazione non potrà che fare bene alle imprese e professionisti italiani e quindi un passo in tal senso è giusto compierlo, ma ciò che lascia perplessi è lo scopo che si vuole raggiungere con l’introduzione di questo strumento.
La UE ha fatto importanti pressioni sugli stati membri per adottare la fatturazione elettronica con lo scopo di contrastare l’evasione dell’IVA a livello comunitario che è stimata attorno a 160 miliardi di euro, di cui un quarto ascrivibile all’Italia. Quindi la misura in corso di introduzione nasce con l’obiettivo di impedire l’evasione fiscale. Ciò non va dimenticato quando ascoltiamo piuttosto frequentemente opinioni favorevoli all’introduzione della e-fattura, soprattutto da parte di società di consulenza e organi amministrativi di grosse società italiane. E’ senz’altro vero che la digitalizzazione delle fatture è un processo positivo per le grandi aziende che si stima risparmieranno cifre importanti, fra 5,5 e 8,2 € per ogni documento emesso. E i risparmi saranno ancora superiori per chi digitalizzerà tutto il processo della supply chain, automatizzando l’intera gestione dall’ordine alla vendita finale. In ogni caso si tratta di un numero di grosse società che è piuttosto basso rispetto alla platea delle PMI, professionisti e partite IVA in generale. I soggetti di maggiori dimensioni, per contro, per raggiungere il risultato stimato dovranno investire parecchie risorse, senza limitarsi ad acquistare e implementare un semplice software in grado di “fare tutto”.
La domanda che sorge spontanea è, visto che la digitalizzazione costituisce una svolta epocale per le imprese, come mai non lo hanno già fatto prima o non sono già in procinto di farlo anche senza precisi obblighi di legge?
E ancora, per quale motivo i contribuenti vengono obbligati a intraprendere determinate scelte organizzative e gestionali solo per consentire al fisco di controllarle meglio? Mi spiego. Il controllo e le verifiche da parte delle autorità competenti sono assolutamente legittimi, ma non so fino a che punto sia lecito imporre determinati comportamenti ai cittadini al fine di essere “spiati” meglio. Vi immaginate una partita a poker a carte scoperte? Tutti i giocatori vedono le carte degli altri. Ma, pensiamo a un tavolo del casinò in cui i giocatori non vedono le carte degli altri, ma dall’alto una telecamera riprende tutto, a fini di controllo. I giocatori si sentirebbero tranquilli o avvertirebbero qualche disagio? Chi può garantire i giocatori che le informazioni non potrebbero passare di mano e finire per avvantaggiare qualche altro player?
E il paragone con la fatturazione elettronica non è così remoto, visto che c’è già chi ha sollevato questioni di privacy, che potrebbero sorgere in caso di furto di dati direttamente negli archivi del fisco (o del sistema di interscambio).
L’impressione è che la fattura elettronica, almeno alle PMI, non serva proprio a nulla e che pertanto la sua introduzione sarà solo un costo, quindi un danno.
Fino a che punto si possono spingere gli obblighi a carico dei contribuenti senza invadere la loro sfera privata?
Di questo passo, mi fa sorridere la previsione che in un futuro neanche troppo remoto, per aprire la partita IVA, potrebbe diventare necessario farsi impiantare un micro chip nel cervello per combattere l’evasione sin dal momento in cui viene pensata!
- Dott. Lorenzo Esposito
- 10 feb 2017
- Tempo di lettura: 3 min
I dubbi fin qui sollevati non riguardano solo il pagamento delle spese processuali, che può anche essere rilevante, ma anche cosa effettivamente si sana con l’adesione o meno alla cosiddetta rottamazione.
Preliminarmente occorre chiarire se un accertamento esecutivo notificato a fine 2016 possa essere oggetto della definizione, in quanto il ruolo emesso dall’Agenzia delle Entrate non è ancora stato affidato al concessionario della riscossione alla data del 31.12.2016. Ciò in quanto gli accertamenti concedono al contribuente un termine di 60 giorni per pagare o per ricorrere. L’Agenzia attenderà 90 giorni per trasmettere il ruolo a Equitalia, quindi in quel lasso di tempo non dovrebbe essere possibile aderire alla sanatoria. C'è comunque un'orientamento contrario, secondo il quale anche l'accertamento esecutivo emesso dall'Agenzia delle Entrate e l'avviso di addebito relativo a contributi INPS, rientrino nella rottamazione dei ruoli.
In primo grado, con un ricorso presentato ma ancora pendente in Commissione Tributaria Provinciale, si può richiedere e ottenere la sospensione del pagamento, per cui neppure in tal caso la riscossione passa in capo a Equitalia.
Se invece il ricorso presentato non ottiene la sospensione del pagamento, in attesa della discussione, viene prevista la riscossione frazionata (nei ricorsi contro avviso di accertamento, ma non avverso le cartelle, le quali vanno pagate interamente in caso di ricorso) per cui viene affidato ad Equitalia l’incasso di 1/3 della maggiore imposta accertata. In tal caso, è evidente che, potendo aderire alla rottamazione solo per queste somme, non ci sarà nessun interesse a farlo. Ciò in quanto la “rottamazione” concede lo sconto solo sulle sanzioni e interessi e non sulle imposte. Oltre a questo, l’adesione comporterebbe la rinuncia al contenzioso, rendendo dovuti oltre ai restanti 2/3 dell’imposta (dopo aver già pagato il terzo, non oggetto di sospensione), anche le sanzioni e gli interessi in misura piena, senza nessuno sconto, su tutta la somma accertata. Quindi questa strada pare improponibile.
In caso di lite pendente in Commissione Tributaria Regionale, si hanno due casi a seconda che il contribuente abbia vinto in 1° grado oppure no.
Nel primo caso, sempre che il contribuente non abbia pagato le somme iscritte a ruolo (perché ha ottenuto la sospensione), l’ente impositore provvederà a sgravarle interamente: quindi non ci dovrebbero essere somme iscritte a ruolo da sanare e pertanto non ci sarebbe il presupposto oggettivo della definizione.
Se il contribuente ha perso in 1° grado, l’ufficio iscriverà a ruolo i 2/3 della maggiore imposta accertata, oltre a sanzioni ed interessi, quindi in tal caso sarà possibile rottamare la cartella, e in tal ci sarà chiaramente la convenienza a farlo. Pertanto, risulterà conveniente la rottamazione solo se non è ancora intervenuto il pagamento di quanto dovuto in base alla sentenza di 1° grado che ha dato ragione all’ente impositore. Anche in tal caso, però resta una incognita legata alla misura delle sanzioni rottamabili, vale a dire se sono sul 100% della maggiore imposta o sui 2/3, in quanto il terzo dell’imposta è già stato pagato e quindi le sanzioni relative dovrebbero seguire la stessa sorte del tributo. Ma in tal senso non ci sono conferme ufficiali.
Tralasciamo le considerazioni sulle sentenze parzialmente favorevoli al contribuente, in quanto le ipotesi che si vanno a formulare sono ancora più complesse e non supportate da istruzioni concrete.
Sulla base delle considerazioni svolte appare che la convenienza alla rottamazione in caso di liti pendenti si ridimensioni notevolmente in quanto i casi specifici di applicabilità si restringono in misura rilevante.
Per comprendere le modalità operative in modo più completo si auspicano non solo dei chiarimenti legislativi, ma da più parte si sono sollevate le richieste di prevedere una vera e propria sanatoria delle liti pendenti come in passato è già avvenuto. Questo non tanto per fare un condono aggiuntivo, ma per rendere omogenee le norme e le facilitazioni a favore dei contribuenti che hanno presentato un ricorso a quei soggetti che invece non l’hanno fatto, restando debitori dell’imposta senza aver tentato la via del contenzioso.
- Lorenzo Esposito
- 12 gen 2017
- Tempo di lettura: 3 min
Quando ormai gran parte delle questioni operative legate alla definizione agevolata dei carichi pendenti con Equitalia risulta ormai chiarita, restano però delle incertezze strategiche che potrebbero influire sulle decisioni dei contribuenti.
La nuova e forse definitiva scadenza per presentare la domanda a Equitalia è il 31 marzo 2017, considerando anche che lo stesso ente in via di estinzione (o di accorpamento con l’Agenzia delle Entrate) fornirà ai contribuenti un elenco dei ruoli e delle cartelle che possono fruire della sanatoria, comunicandoglielo entro il 28 febbraio, in modo tale da consentire di valutare accuratamente se aderire o meno. Questa è una facilitazione di non poco conto, in quanto, mentre per i ruoli più “anziani” (dal 2000 in avanti) non sussistono dubbi circa la possibilità di definirli in maniera agevolata, lo stesso non può dirsi per quelli più recenti e cioè notificati alla fine del 2016 ed anche successivamente. La legge infatti parla di ruoli affidati all’agente della riscossione entro il 31.12.2016, la cui notifica effettiva al contribuente può essere anche successiva, a gennaio (o addirittura febbraio) 2017. Con l’elenco dei carichi definibili il contribuente potrà capire quali è possibile includere nella domanda e quali no. Anche fra i condonabili è possibile fare una scelta ed indicarne solo alcuni. La difficoltà può proprio consistere in questa scelta.
Solo un buon consulente potrà illustrarvi gli elementi giusti per evitare di perdere questa buona occasione di ripulire la vostra situazione con lo Stato.
Giusto per darvi due o tre spunti di riflessione.
A chi è destinata realmente la sanatoria? Diciamocelo chiaramente, se siete fra quelle decine di migliaia di contribuenti che hanno accumulato debiti notevoli con il fisco e l’INPS, non hanno i soldi per pagare e non hanno neppure beni da potere realizzare per pagare, LASCIATE PERDERE. La definizione non è destinata a voi.
Stesso dicasi per coloro che hanno dei debiti già rateizzati che riescono a pagare, mese per mese, strappandosi letteralmente il pane di bocca ed hanno la speranza di giungere al termine dei versamenti in tempi ragionevoli. Per loro non è pensabile di pagare tutto il residuo in massimo 5 rate nel 2017 e 2018, con l’unica aspettativa di risparmiare le sanzioni sul debito. Potrebbe finire male senza che si riesca a pagare le nuove rate, rendendo inutile l’agevolazione.
Quindi qual'è è il target del mini condono? Sono quei soggetti che hanno avuto dei problemi finanziari in passato, ma ora sono di nuovo liquidi ed hanno quindi la possibilità di pagare. Sono anche i cosiddetti “furbetti” che sono andati in bancarotta, ma hanno mantenuto un gruzzolo al sicuro per ogni evenienza, e che ora preferiscono tornare alla normalità sfruttando gli sconti di fine anno. Oppure quelli che hanno ricevuto un’eredità, una vincita al Superenalotto o hanno trovato un finanziatore che li vuole aiutare a “ripulirsi”. Infine ci sono quelli che non convinti delle pretese erariali hanno presentato ricorso presso le sedi competenti e sono in attesa di giudizio. Quindi a ben vedere, non sono poi così numerosi…
Quale può essere il rischio di chi ora può pagare e chiede l’adesione per tutti i propri debiti iscritti a ruolo, rinunciando quindi alle liti? Ad esempio, quello di pagare anche delle somme che potrebbe evitare. Le somme dovute in base ad accertamenti o cartelle di pagamento in contenzioso con gli enti impositori potrebbero essere annullate dal giudice. Le somme richieste con cartelle o avvisi recenti potrebbero riguardare annualità prescritte o potrebbe essere intervenuta la decadenza dall’attività d’accertamento. Si tratta di casi più frequenti di quanto possa sembrare. Oppure in tutti i casi in cui la pretesa tributaria non sia giustificata adeguatamente, ci siano errori materiali o di calcolo nelle somme richieste. In tali situazioni, invece di offrire spontaneamente il pagamento, seppure al netto delle sanzioni, sarebbe meglio proporre ricorso e sperare di non pagare affatto.