- Dott. Lorenzo Esposito
- 21 ott 2016
- Tempo di lettura: 2 min
Nella nuova legge di stabilità per il 2017 sono contenute importanti novità di carattere fiscale che avranno sicuramente degli impatti positivi per tutti i contribuenti, compresi quelli impegnati nei contenziosi con l’Agenzia delle Entrate, con l’INPS e con Equitalia.
In pratica si prevede che Equitalia, l’ente di riscossione che finora si è occupato di riscuotere imposte e contributi iscritti a ruolo, verrà soppressa e le sue funzioni incorporate nell’ambito dell’Agenzia delle Entrate, che sarà così ente accertatore ed ente riscossore. L’aspetto senz’altro positivo è che, per il futuro, scompariranno probabilmente gli aggi di riscossione del 6% che Equitalia aggiunge solitamente agli importi iscritti a ruolo.
Oltre alla soppressione dell’ente di riscossione è prevista una sorpresa finale per cercare di appianare tutte le posizioni pregresse relative alle cartelle esattoriali che Equitalia ha avuto in affidamento fino ad oggi e che ancora non sono state incassate.
CHI. Quello che si prospetta nei prossimi mesi è in sostanza un condono che consentirà a persone fisiche, imprese e società che sono debitori di Equitalia, di pagare, con uno sconto talvolta sostanzioso, le somme dovute. Allo stato attuale le informazioni sono ancora poche e frammentate, per cui si possono dare solo delle indicazioni di massima che però sono utilissime a chi deve pianificare i propri pagamenti futuri.
COSA. Pare scontato che la sanatoria riguarderà tutti i tributi erariali, con l’eccezione dell’IVA, in quanto è una imposta comunitaria, per cui IRPEF, IRES, oltre ai contributi dovuti all’INPS. Dovrebbero quindi essere escluse, oltre all’IVA, anche le addizionali regionali e comunali, le multe per violazioni del Codice della Strada, il bollo auto.
Non tutte le cartelle notificate da Equitalia e tutti gli importi iscritti a ruolo e poi “ceduti” a Equitalia rientreranno nella sanatoria, ma solo quelli che risultano notificati/emessi entro il 31.12.2015 (la data non è ancora stata stabilita ufficialmente ed è una previsione ragionevole). Anche gli importi non ancora pagati in seguito a contenziosi, sospensioni, rateizzazioni in parte pagate, potranno beneficiare del provvedimento in esame.
QUANTO si paga: la bozza del Dl prevede che saranno dovute solo le imposte più una somma forfettaria del 3% a titolo di interessi e sanzioni. Saranno eliminate quindi le sanzioni, gli interessi anche di mora e gli aggi di riscossione. Le sanzioni, a seconda delle violazioni commesse, variano dal 10% al 100% dell’imposta accertata e dovuta e quindi il risparmio con il condono potrebbe arrivare ad oltre il 50% dell’importo iscritto sulle cartelle o a ruolo.
QUANDO si pagherà. L’importo complessivamente dovuto dovrà essere versato entro la data che verrà stabilita, presumibilmente nei primi mesi del 2017, in unica soluzione oppure ratealmente il non più di 36 rate mensili. Anche in questo caso le modalità di ratezione devono ancora essere comunicate ufficialmente.
Tutto semplice e facile? Come sempre le cose non stanno così e per valutare la convenienza dell’operazione nei differenti casi e cosa è meglio fare se si hanno contenziosi in corso e rateizzazioni, è sempre meglio affidarsi a degli esperti. Rimani aggiornato su questi e altri temi, iscrivendoti alla nostra newsletter.
- Lorenzo Esposito
- 21 set 2016
- Tempo di lettura: 2 min
Entro il 20 ottobre 2016 sarà possibile essere riammessi al beneficio della rateazione per i contribuenti italiani che siano decaduti dai piani rateali per il versamento delle imposte pregresse. E’ quanto prevede l’art. 13-bis della legge 160/2016. In sostanza, la norma riguarda quei contribuenti, persone fisiche o società, che non hanno versato integralmente le imposte negli anni precedenti e si sono visti recapitare degli avvisi bonari dall’Agenzia delle Entrate o delle cartelle da Equitalia.
Chi non ha pagato il dovuto in unica soluzione ed ha chiesto e ottenuto la rateazione all’Agenzia delle Entrate o a Equitalia ed ha cominciato a pagare, ma ha saltato qualche rata ed è quindi decaduto dal beneficio della rateazione, ricevendo una lettera a tal proposito dall’ente preposto, ora può ricominciare a pagare.
Per le rateazioni concesse da Equitalia nei confronti dei contribuenti decaduti al 30 giugno 2016 è prevista la possibilità di ottenere una nuova dilazione di un massimo di 72 rate, o anche di più in base al piano originario, depositando un modello apposito (RR1, reperibile anche sul sito del concessionario della riscossione) entro il 20 ottobre prossimo. Ovviamente dovrà impegnarsi a pagare le nuove rate formulate, facendo ben attenzione a non saltarne due, anche se non consecutive.
Per le rateazioni concesse dall’Agenzia delle Entrate e decadute dal 16/10/2015 all’1/07/2016 è data la possibilità di ottenere una nuova rateazione, sempre presentando una semplice richiesta all’agenzia entro il 20 ottobre 2016. In questo caso, bisogna rispettare rigorosamente il nuovo piano, senza saltare neppure una rate, pena la nuova decadenza.
Da notare che la legge non prevede il pagamento integrale delle rate scadute, per poter accedere alla nuova rateazione, cosa che normalmente è una condizione indispensabile per poter riprendere un piano rateale. Quindi il nuovo piano rateale comprenderà anche le rate già scadute del vecchio piano.
La ripresa dei pagamenti rateali è particolarmente conveniente per quei contribuenti che avendo un flusso di reddito mensile, ma non la disponibilità totale della somma, possono continuare a dormire sogni tranquilli, senza vedere aggredito il proprio patrimonio da azioni esecutive e riscossione forzata da parte dell’ente della riscossione.
- Dott. Lorenzo Esposito
- 9 nov 2015
- Tempo di lettura: 2 min
Ricordo che la Sentenza n. 37/2015 della Corte Costituzionale ha fatto decadere quei funzionari dell’Agenzia delle Entrate che non appartenevano alla carriera direttiva e quindi non potevano firmare gli avvisi di accertamento. E alla carriera direttiva si accede in Italia, solo con il superamento di un apposito concorso pubblico. In particolare, la sent. della Corte di Cassazione n. 14626 del 10.11.2000, precisò che l’avviso di accertamento è nullo se non è sottoscritto dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. In caso di sottoscrizione apposta da parte di funzionario delegato dal capo dell’ufficio, è onere dell’Amministrazione dimostrare, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio. In questi mesi dottrina e giurisprudenza si sono ripetutamente confrontate per ribadire le proprie ragioni. In particolare, molto interesse è stato manifestato sulla eccepibilità del vizio dell’atto impugnato, e cioè se ciò fosse possibile in corso di causa, o d’ufficio da parte del giudice, oppure se la questione andasse sollevata come motivo del ricorso introduttivo. Cosa peraltro molto più difficoltosa in quanto per il contribuente era piuttosto difficile sapere se il firmatario dell’atto era legittimato a farlo oppure no. Successivamente sono divenuti di dominio pubblico gli elenchi dei dirigenti decaduti, attraverso la pubblicazione dei nomi e cognomi ed ufficio di appartenenza a far data dal 27 luglio scorso.
Ebbene, se gli atti successivi ad una certa data (estate 2015) sono stati correttamente firmati solo da chi ne ha effettivamente il potere, resta tutt’ora un rebus la questione degli atti precedenti.
Come già anticipato nel post del 27 marzo, alla fine le questioni di cassa, e cioè gli enormi interessi economici (si parla di 1,5 miliardi di euro) dietro all’ingente mole di accertamenti “viziati” e quindi nulli, hanno calpestato il diritto dei contribuenti. Lo scorso 18 settembre, la Suprema Corte, con sentenza n. 18448 ha affermato che nell’ambito del diritto tributario, non può trovare diretta applicazione il regime della nullità assoluta, rilevabile d’ufficio in ogni stato a grado del giudizio, previsto dall’art. 21-septies L. 241/90. Quindi, o si è eccepito il vizio di attribuzione nel ricorso introduttivo, oppure non è più sollevabile né dal ricorrente, né rilevabile dal giudice d’ufficio. Questa sentenza tarpa le ali alle difese dei contribuenti, e riduce i rischi per l’Erario. La morale è che le regole vanno rispettate rigorosamente dai cittadini (sudditi), ma non così tanto dall’amministrazione (stato), che se sbaglia, e sbaglia spesso, lo fa comunque a fin di bene, e cioè per garantire il mantenimento della macchina stato.