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  • Dott. Lorenzo Esposito
  • 10 mar 2017
  • Tempo di lettura: 3 min

Continua la corsa alla rottamazione dei ruoli, ed Equitalia si sfrega le mani pensando a quanto potrà incassare dall’operazione. In realtà io sono molto scettico su cosa abbia spinto tanti debitori a presentare la domanda per l’adesione alla rottamazione. Forse c’è chi ha pensato di guadagnare tempo e di rallentare la riscossione forzata da parte dell’ente della riscossione. Qualcuno ha pensato di “mettere le cose a posto”, come quando dopo le feste di Natale, si dice di mettersi a dieta ed iscriversi in palestra per rimettersi in forma. Poi, la realtà è un’altra cosa…e questo lo sappiamo bene. Quando i debitori vedranno i numeri nero su bianco delle cifre da pagare a scadenze prestabilite e anche un po’ troppo ravvicinate, vedremo cosa succederà.

Al momento concentriamoci sulla scadenza del 31 marzo per la presentazione dell’istanza, che è appena stata prorogata al 21 aprile, per consentire ad un numero ancora più elevato di persone di usufruire del “fuori tutto”. Gli uffici dell’ente della riscossione sono mobilitati e lavorano a testa bassa per assecondare i contribuenti ed agevolarli negli adempimenti burocratici.

Ma la domanda che deve sorgere spontanea è: visto che per l’adesione alla rottamazione è sufficiente compilare il modello DA1, scaricabile anche da qui, e che per ogni informazione c’è il personale esperto di Equitalia, a cosa serve un consulente?

Mentre le persone più furbe ci arrivano da sole e ridono sotto i baffi, vi spiego cos’è un consulente indipendente. E’ un professionista che ingaggiate voi e tutelerà esclusivamente il vostro interesse. E il requisito dell’indipendenza garantisce che non cercherà di forzarvi verso qualche soluzione che avvantaggi qualche altro soggetto rispetto a voi. Un dipendente di Equitalia farà gli interessi di Equitalia, che è un ente che si occupa di riscuotere somme iscritte a ruolo, e quindi cercherà di riscuotere il più possibile. E non può essere altrimenti. E’ come ascoltare un dipendente della banca che vi consiglia su come investire i vostri risparmi, magari forzandovi a sottoscrivere qualche gestione patrimoniale gestita proprio da società dello stesso gruppo bancario. E’ storia vecchia, ma quanti ancora ci cascano.

Ma parliamo di cose nuove. Vi racconto una storiella. Un cliente si rivolge al mio studio ed esibisce un estratto di ruolo consistente, per un totale di alcune migliaia di euro, dicendo che un dipendente di Equitalia gli aveva consigliato di rottamare tutto e di risparmiare così un sacco di soldi.

Lo stesso quesito posto al mio studio ha avuto però una risposta completamente diversa. Non c’è nulla da pagare!!! Ciò in quanto tutti i ruoli compresi nell’estratto, si erano prescritti nel corso degli anni e quindi l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia non hanno più titolo per chiedere alcunchè.

Gli episodi sono numerosi, come coloro che hanno chiesto piani di rateazione comprendenti accertamenti ormai prescritti, che un professionista serio non avrebbe mai consigliato di richiedere nè tantomeno di pagare.

Certo, ognuno è liberissimo di pagare ciò che lo stato non può più richiedere per legge, grazie all’istituto della prescrizione che limita nel tempo l’azione accertatrice e di riscossione, per sottrarre i cittadini ad un potere perpetuo da parte degli organi preposti, ma l’importante è esserne informati. E state pur certi che nessuno vi informerà, se non un professionista da voi scelto e incaricato di assistervi. Per questo, state alla larga da persone non competenti, ma anche da quelle non indipendenti, i danni li potreste pagare voi!

  • Dott. Lorenzo Esposito
  • 9 nov 2015
  • Tempo di lettura: 2 min

Ricordo che la Sentenza n. 37/2015 della Corte Costituzionale ha fatto decadere quei funzionari dell’Agenzia delle Entrate che non appartenevano alla carriera direttiva e quindi non potevano firmare gli avvisi di accertamento. E alla carriera direttiva si accede in Italia, solo con il superamento di un apposito concorso pubblico. In particolare, la sent. della Corte di Cassazione n. 14626 del 10.11.2000, precisò che l’avviso di accertamento è nullo se non è sottoscritto dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. In caso di sottoscrizione apposta da parte di funzionario delegato dal capo dell’ufficio, è onere dell’Amministrazione dimostrare, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio. In questi mesi dottrina e giurisprudenza si sono ripetutamente confrontate per ribadire le proprie ragioni. In particolare, molto interesse è stato manifestato sulla eccepibilità del vizio dell’atto impugnato, e cioè se ciò fosse possibile in corso di causa, o d’ufficio da parte del giudice, oppure se la questione andasse sollevata come motivo del ricorso introduttivo. Cosa peraltro molto più difficoltosa in quanto per il contribuente era piuttosto difficile sapere se il firmatario dell’atto era legittimato a farlo oppure no. Successivamente sono divenuti di dominio pubblico gli elenchi dei dirigenti decaduti, attraverso la pubblicazione dei nomi e cognomi ed ufficio di appartenenza a far data dal 27 luglio scorso.

Ebbene, se gli atti successivi ad una certa data (estate 2015) sono stati correttamente firmati solo da chi ne ha effettivamente il potere, resta tutt’ora un rebus la questione degli atti precedenti.

Come già anticipato nel post del 27 marzo, alla fine le questioni di cassa, e cioè gli enormi interessi economici (si parla di 1,5 miliardi di euro) dietro all’ingente mole di accertamenti “viziati” e quindi nulli, hanno calpestato il diritto dei contribuenti. Lo scorso 18 settembre, la Suprema Corte, con sentenza n. 18448 ha affermato che nell’ambito del diritto tributario, non può trovare diretta applicazione il regime della nullità assoluta, rilevabile d’ufficio in ogni stato a grado del giudizio, previsto dall’art. 21-septies L. 241/90. Quindi, o si è eccepito il vizio di attribuzione nel ricorso introduttivo, oppure non è più sollevabile né dal ricorrente, né rilevabile dal giudice d’ufficio. Questa sentenza tarpa le ali alle difese dei contribuenti, e riduce i rischi per l’Erario. La morale è che le regole vanno rispettate rigorosamente dai cittadini (sudditi), ma non così tanto dall’amministrazione (stato), che se sbaglia, e sbaglia spesso, lo fa comunque a fin di bene, e cioè per garantire il mantenimento della macchina stato.

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