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  • Dott. Lorenzo Esposito
  • 3 apr 2019
  • Tempo di lettura: 2 min

Una sanatoria a cui è possibile aderire in questo periodo è l’adesione agevolata ai processi verbali di constatazione.

La possibilità di chiudere con le contestazioni che derivano appunto da un processo verbale, prevede il pagamento delle sole imposte contestate e quindi il risparmio di sanzioni e interessi. I processi verbali sono il risultato di quei controlli che vengono effettuati dalla Guardia di Finanza o dall’Agenzia delle Dogane che contestano varie tipologie di infrazioni in materia di imposte sui redditi, addizionali, IVA, IRAP ecc., che spesso indicano solo le maggiori imposte dovute, con l’indicazione da un minimo ad un massimo delle sanzioni previste dalla norma. Tali sanzioni verranno poi irrogate dall’Agenzia delle Entrate nell’ambito dell’avviso di accertamento che conseguirà al processo verbale di constatazione. Oltre all’adesione al PVC che è sempre prevista dalle norme e che consente di pagare le imposte oltre alle sanzioni in misura ridotta, prima che il pvc venga trasmesso all’Agenzia delle Entrate, è ora prevista questa definizione agevolata che consente di non pagare affatto le sanzioni.

I PVC che è possibile definire sono quelli notificati entro il 24 ottobre 2018 e ai quali non è conseguita, alla stessa data, l’emissione dell’avviso di accertamento oppure un atto di recupero o un invito al contradditorio da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Si precisa che l’adesione agevolata deve riguardare l’intero contenuto del pvc per singolo periodo d’imposta, e non permette di escludere parte dei rilievi mossi sui quali non si concorda.

Per aderire alla definizione occorre presentare una dichiarazione integrativa per gli anni oggetto della contestazione che riepiloghi integralmente le differenze di imponibile e di imposta così come risultano dal pvc. Il termine per l’invio della dichiarazione è il 31 maggio 2019, entro il quale vanno altresì versate tutte le imposte derivanti dalle dichiarazioni integrative, oppure l’importo della prima rata, in caso di rateizzazione. E’ possibile il versamento fino a 20 rate trimestrali che scadono alla fine di ciascun trimestre, ovviamente maggiorati degli interessi legali, a decorrere dal 1° giugno 2019. Non è possibile effettuare compensazioni con crediti d’imposta a favore del contribuente.

Nel caso specifico delle violazioni doganali in materia di Iva all’importazione è necessario inviare una apposita dichiarazione in carta libera all’Agenzia delle Dogane ed eseguire contestualmente il versamento delle imposte dovute sempre entro il 31 maggio prossimo.

La convenienza alla chiusura agevolata c’è senz’altro se non si hanno particolari contestazioni da proporre all’operato degli organi accertatori e non vi siano errori di conteggio o altre circostanze che potrebbero far calare sensibilmente l’imposta dovuta. In caso contrario occorre fare una riflessione approfondita e un’analisi costi-benefici che consideri anche la possibilità di impugnare, presso la Commissione Tributaria, l’avviso di accertamento con fondate motivazioni giuridiche. In questo è sempre consigliabile farsi assistere da un professionista specializzato in diritto tributario.

  • Dott. Lorenzo Esposito
  • 10 dic 2018
  • Tempo di lettura: 1 min

Oltra alla rottamazione-ter, l’altra sanatoria che consente di fare Pace con il fisco, è la cosiddetta chiusura delle liti pendenti.

Questa misura riguarda solo i contribuenti, persone fisiche e imprese, che hanno un contenzioso in essere con l’Agenzia delle Entrate, vale a dire, che hanno ricevuto un atto impositivo e lo hanno impugnato innanzi alle commissioni tributarie.

La controversia sanabile può trovarsi sia dopo la sentenza di primo grado emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale, oppure di secondo grado emessa dalla Commissione Tributaria Regionale, o, infine in attesa del giudizio per Cassazione.

E’ infine stato previsto un piccolo sconto anche per coloro che rinunciano al ricorso instaurato in primo grado, decidendo di definire la controversia.

Dalle ultime modifiche si evince che, se il contribuente ha vinto in primo grado, potrà chiudere la lite pendente pagando il 40% del valore della controversia, cioè le sole imposte senza le sanzioni né gli interessi.

Se il contribuente ha vinto in secondo grado il versamento dovuto sarà pari al 15% del valore delle sole imposte dovute nella controversia.

Se il contribuente ha vinto in primo e in secondo grado ed è in attesa del giudizio della Corte di Cassazione, potrà chiudere la lite versando il 5% del relativo valore.

Qualora il contribuente abbia presentato il ricorso in primo grado e sia in attesa della trattazione, potrà chiudere la lite con il versamento del 90 % del valore delle imposte.

L’istanza per aderire va presentata entro il 16 maggio 2019.

Il pagamento delle somme avverrà entro il 16 maggio in unica soluzione oppure in un massimo di 20 rate trimestrali a partire dalla stessa data, entro cinque anni.

  • Dott. Lorenzo Esposito
  • 11 nov 2016
  • Tempo di lettura: 3 min

L’origine di tutti i mali è l’evasione fiscale, in particolare dell’IVA. I dati in possesso del Ministero delle Finanze parlano di 8 miliardi di € evasi nel corso di un anno. Ciò porta evidentemente un danno pesantissimo alle casse delle Stato che deve sicuramente porvi rimedio.

Quali sono i provvedimenti adottati dal governo? Come sempre si spara nel mucchio, cioè si impongono adempimenti su adempimenti sulla massa dei contribuenti, che potenzialmente possono evadere le imposte. Nel caso di specie, si colpiscono tutti coloro che posseggono la partita IVA, imprese piccole e grandi, artigiani, commercianti e liberi professionisti. Un po’ come dire che se qualcuno non paga l’iva, deve per forza annidarsi fra quei soggetti che la indicano in fattura. Su questo non ci piove. Però, invece di circoscrivere la ricerca ai settori più infedeli, che l’Agenzia delle Entrate conosce bene, si preferisce penalizzare tutti senza distinzione. Mi riferisco alle nuove dichiarazioni trimestrali che più o meno tutti i soggetti con partita IVA dovranno presentare dal 2017. Lo “spesometro” cioè l’elenco di tutte le fatture emesse e ricevute da ciascun soggetto nel corso del trimestre, che attualmente ha una periodicità annuale.

La liquidazione IVA del trimestre o dei tre mesi precedenti, che va inviata sempre con periodicità trimestrale, indicando l’imposta da versare o a credito. Si tratta di 8 dichiarazioni annue al posto delle 2 che vengono presentate fino al 2016. Lo scopo è quello accorciare i tempi per i controlli e quindi per gli accertamenti volti a recuperare le imposte non versate.

Per chiarire, finora il fisco conosce l’imposta dovuta dai contribuenti solo l’anno successivo a quello di fatturazione, in parte con la comunicazione IVA che scade il 28 febbraio dell’anno successivo, e più compiutamente con la dichiarazione IVA contenuta nel modello Unico, da inviare normalmente entro il 30 settembre.

Dal 2017, dopo i primi tre mesi, i contribuenti dovranno spedire, entro il 31 maggio, la liquidazione IVA trimestrale o le tre mensili (gennaio, febbraio e marzo), oltre allo spesometro. Quindi l’Agenzia delle Entrate conoscerà gli importi non versati dal 31 maggio 2017 in poi, invece del 30 settembre 2018. Questo consentirà di anticipare i controlli di un anno e mezzo rispetto alla situazione attuale. Si aggiunga che i controlli, oltre che più tempestivi saranno anche più approfonditi, mettendo a confronto i dati delle liquidazioni con quelli delle fatture singolarmente indicate nello spesometro. Con l’utilizzo di appositi software i controlli potranno essere processati in tempo reale e i contribuenti non avranno scampo.

Le dolenti note consistono, oltre nella serie di adempimenti cui i contribuenti sono chiamati, nelle sanzioni molto pesanti che verranno irrogate ai trasgressori. Non solo a chi non invia alcuna comunicazione e dichiarazione, ma anche a quelli che si dimenticano qualche fattura o la indicano in modo errato.

Le sanzioni per ogni fattura omessa o indicata in modo inesatto nello spesometro variano da 2 a 1.000 € (l’una, senza cumulo giuridico) e da 500 a 2.000 € per le comunicazioni delle liquidazioni non inviate o inviate con dati errati. Gli importi sono ancora oggi pesanti, anche dopo che, in seguito alle proteste dei commercialisti, sono state ridotte notevolmente nelle misure indicate (in origine erano da 25€ a 25.000€ per ogni fattura e da 5.000 a 50.000€ per ogni liquidazione).

Qual è la conclusione di tutto questo? Che i contribuenti dovranno lavorare gratis per l’Agenzia delle Entrate (ma non i commercialisti per il surplus di lavoro richiesto), per semplificarle il compito di contrasto dell’evasione. Come ricompensa, in caso di errore, pagheranno sanzioni pesanti, tanto che da più parti si è parlato di “tassa occulta”. Geniale!

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